giovedì 14 marzo 2013

La Naturopatia: scienza ed arte al servizio del benessere e della salute


di Paolo Bernabei
Bioeticista, Docente di Filosofia e Bioetica, Direttore dell'Accademia di Varese - Scuola Superiore di Iridologia, Naturopatia, Naturoigienismo e Medicina Complementare, Presidente dell'APNI

Il Comitato Nazionale per la Bioetica (CNB), esaminando la proposta di legge unificata sulle medicine e pratiche non convenzionali e successivamente riflettendo su alcune metodiche (Medicina Tradizionale Cinese, Medicina Antroposofica, ecc.) ha sollevato notevoli eccezioni sulla validità di queste pratiche terapeutiche. Riassumendo, il CNB ritiene quanto mai discutibile il principio del pluralismo scientifico riguardanti un medesimo oggetto. Non si può infatti confonderlo con il pluralismo delle “visioni del mondo” (fattore squisitamente culturale che non ha addentellati tecnici). Infine l’autonomia del paziente nella scelta terapeutica (valore inderogabile) deve essere strettamente correlato alle conoscenze scientifiche acquisite e convalidate. Per quanto riguarda le medicine e pratiche non convenzionali non esistono protocolli che siano stati coperti da adeguata sperimentazione. Si tratta di iniziative personalistiche che tuttalpiù appartengono all’infido e magmatico settore del placebo e dello psicosomatismo quando non si tratta di un ritorno inutile alla preistoria della salute.
Insomma non si possono dare per scontati nodi concettuali particolarmente complessi, di grande rilievo bioetico, per rincorrere soluzioni politiche e di comodo, senza tenere conto delle conseguenze per il futuro.
Si tratta certamente di un’autorevole presa di posizione che ha spiazzato soprattutto la FNOMCeO (Federazione Nazionale Ordine dei Medici e degli Odontoiatri) che aveva rivendicato una sorta di diritto di primogenitura nella somministrazione delle terapie non convenzionali ed allontana la prospettiva di un riconoscimento professionale per la figura non medica; ma bisogna pure ammettere che il CNB ha focalizzato il vero problema da risolvere in Italia. Va da sé che in queste sabbie mobili si sta dibattendo anche la naturopatia.
Con la nostra riflessione intendiamo proporre alcuni elementi che possano servire ad un sereno confronto, nella consapevolezza che sia assurdo instaurare una contrapposizione tra “medicine”, puntualizzando particolarmente l’aspetto epistemologico. E’ evidente che una trattazione più completa dovrebbe prendere in esame anche, oltre al concetto di limite, il concetto di Natura, di malattia, di salute, la medicalizzazione, il salutismo ed il paternalismo clinico
• Premessa
Il sostantivo “naturopatia”, contrariamente a ciò che si possa pensare ed agli sforzi di molti per ricostruire un tracciato storico originale ed autonomo, è abbastanza recente .
Comunemente lo si fa risalire all’omeopata americano Dr. Scheel che, nel 1892, aveva caratterizzato il suo sistema terapeutico, aggregando alcune metodiche naturali con l’omeopatia. Da qui il termine “naturopatia”, nato dalla crasi tra “cure naturali” e “omeopatia”. Quando Benedict Lust (1872-1945) e sua moglie Louise Lust (1868-1925) impiantarono negli USA la terapia di Sebastian Kneipp (1824-1897), Scheel cedette loro il suo brevetto. Nel 1902, Lust modificò la testata della rivista che dirigeva, sostituendo “Kneipp Water Cure Montly” con il più immediato “The Naturopath”. Non si trattò di una semplice operazione di restyling tipografico; ma di una operazione di marketing, perché, nel frattempo, i coniugi Lust – proprietari di un centro di cure naturali, di un college con oltre 400 studenti, di una rivista a grande tiratura e di un attivissimo shop– stavano introducendo nuove metodiche nel tentativo di superare i limiti dell’idrotermofangoterapia secondo Kneipp.
Nacquero pure altri termini come “Fisicopatia” oppure “Naturtherapy”; ma quello imposto da Lust risultò il più popolare. Di fronte alle critiche di chi riteneva improprio associare alla natura la negatività del concetto di “patia=malattia”, già Lust faceva rilevare come il suffisso “patia” fosse correlato a “empatia” e che, in lingua inglese, il suffisso “path” stia ad indicare “sentiero, strada, via, linea di condotta”, per cui il significato semantico poteva essere “sentiero o linea di condotta di chi segue la Natura”; applicato alla persona o al terapeuta: “colui che segue o pratica metodiche della Natura”.
Oggi il termine ha subito un’evoluzione, un robusto addensamento contenutistico e una consacrazione internazionale, tanto da apparire nei documenti ufficiali (Piani Sanitari e Servizi Sanitari Nazionali) di molte Nazioni europee/extraeuropee e dell’ONU, tramite l’OMS (Organizzazione Mondiale della Salute), che da anni ha espresso parere favorevole per l’accreditamento ufficiale della Naturopatia e ne raccomanda l’approfondimento scientifico e una strutturazione didattica adeguata (Cfr. Dichiarazione di Alma Ata e successive).
Attualmente la Naturopatia è riconosciuta in Germania, Gran Bretagna, Belgio, Olanda, Francia, Spagna, in tutti i Paesi dell’Est, compresa la Russia; Australia, Nuova Zelanda, Canada, USA, Messico, in tutti i Paesi dell’America Latina.
Noi ci colleghiamo soprattutto alla Naturopatia occidentale, considerata come disciplina organica, che può costituire una forma di esercizio professionale sia per medici che per non-medici, previo percorso formativo specifico. In Italia, appartiene al novero delle professioni non ancora regolamentate, ma di prossima definizione ad opera del Parlamento. Naturalmente ci riferiamo a quella figura che, secondo la tradizione genuina Europea e dell’OMS, dovrà fare parte del sistema sanitario; mentre le iniziative regionali in atto (Piemonte, Lombardia, Veneto, Toscana, ecc.) che propongono una forma culturale di Operatore delle Bioenergie (ODB), pur apprezzabili, si situano – a nostro personale parere - ad un livello troppo dequalificato rispetto alle competenze tradizionali.
• Un problema di collocazione: naturopatia e medicina complementare
Con Medicina Complementare o Medicine Complementari si vuole indicare un insieme di discipline terapeutiche e diagnostiche, largamente diffuse, al di fuori delle istituzioni ufficiali. E’ difficile trovare una connotazione univoca per questa “nuova” branca della medicina. Le denominazioni più diffuse sono: medicina non-convenzionale, medicina alternativa, medicina naturale, medicina integrata, medicina tradizionale, medicina popolare. Trattandosi di un campo alquanto eterogeneo, è arduo coniare una designazione soddisfacente.
Ma è evidente che le distinzioni, sia da un punto di vista teorico che in pratica, sono artificiose e forzate, quando non essenzialmente ideologiche. Pertanto i termini vengono di fatto usati come sinonimi. La nostra preferenza per la dizione: “Medicina Complementare”, tanto al singolare che al plurale, si rifà a quella utilizzata nella letteratura anglosassone (SM. Downer, P. Fisher, R. Warton, A. Vickers ed altri) che è entrata in uso quando i due mondi medici hanno iniziato ad interagire e ad essere proficuamente utilizzati assieme. Pertanto con questo termine si vuole indicare un modo diverso, ma non necessariamente alternativo o conflittuale di affrontare i problemi relativi al benessere e alla salute dell’uomo; un modo che non può certamente sostituire in toto l’arte medica convenzionale o biomedicina, ma la completa e l’arricchisce in alcune sue caratteristiche. In questo senso, la Naturopatia fa parte a pieno titolo della Medicina Complementare.
• La Naturopatia è scienza?Tommaso d’Aquino quando vuole affrontare “breviter ac dilucide” (in sintesi e con estrema chiarezza) il problema epistemologico riguardante la configurazione di una disciplina come scienza, attiva un percorso esemplare per correttezza e precisione: occorre definire se sia necessaria, se abbia un oggetto specifico, se possegga un metodo proprio . Ora:
La Naturopatia è necessaria in quanto è un coefficiente indispensabile per la qualità della vita, dato che ognuno è il primo titolare del proprio benessere e della propria salute. Inoltre consente una migliore distribuzione delle risorse disponibili e del rapporto costi/benefici., per una medicina sostenibile. Oggetto della Naturopatia è il benessere e la salute individuale, sociale, collettiva, che essa consegue sia attraverso l’educazione, la prevenzione che con presidi operativi propri. Salute e benessere non sono e non possono essere due termini disomogenei, ma sono correlativi anche in senso funzionale.
Per quanto concerne il metodo, la Naturopatia usa gli agenti naturali, strumenti d’indagine non-invasivi, collegati ad un concetto di persona (insieme di corpo, mente, spirito) come intero dinamico (olismo), capace di autoguarigione, di autocorrezione, in un sistema di energie correlate e interagenti.
Dunque la Naturopatia è scienza. Va pure chiarito che quando si parla di scienza occorre fare riferimento a contenuti epistemologici precisi che comportano il principio della ricerca e il principio del superamento storico dei postulati e delle leggi. D’altra parte, le generazioni che si succedono evidenziano cambiamenti che devo essere tenuti in considerazione nell’ottica della salute e del benessere.
Come si può constatare, non si tratta qui di affermare una differente visione del mondo; abbiamo applicato le stesse regole epistemologiche che Claude Bernard, padre riconosciuto della biomedicina, applica alla scienza medica tradizionale.
Ma nei confronti della naturopatia e della medicina complementare, sul piano teoretico, vengono poste in essere fondamentalmente due eccezioni ostative ad un riconoscimento scientifico:
La biomedicina per dimostrare la validità delle proprie risorse terapeutiche ricorre a dei protocolli fondati su criteri rigorosi per determinare l’efficacia clinica ed epidemiologica ed il conseguente rapporto costi/ benefici, intendendo per “costi” non tanto la dimensione economica ma il prezzo, in sofferenza e in speranza di salute, che il paziente deve sostenere. Si tratta dei “randomiset clinical trial (RCT)”, che mettono a confronto, nell’ambito di una popolazione di pazienti due diverse strategie di trattamento: una sperimentale, l’altra di controllo. “Randomizzare” significa affidare al caso l’attribuzione dei pazienti ad una dei due gruppi di trattamento a confronto. Inoltre neppure i medici sanno a quale dei due gruppi viene assegnato il farmaco da sperimentare. L’importante è che si tratti di persone con eventi clinici rilevanti (endpoint), per cui si possa misurare non tanto l’effetto biochimico o quello biologico, ma il vantaggio clinico (effectiveness) cioè l’efficacia reale nella popolazione dei pazienti . Tuttavia si è dovuto constatare che i risultati sono spesso deludenti se, nel giro di tre anni, il 70% dei farmaci viene ritirato dal commercio per problemi. Inoltre l’estraneità del medico all’esperimento e l’impossibile omogeneità della popolazione clinica (insomma ognuno è pur sempre un caso a se stante) rendono precaria la sperimentazione. Per cui si è passati al correttivo della EVIDENCE-BASED MEDICINE (EBM). Con questa prassi ci si affida non più ad un campione sperimentale, ma si tiene conto di tutti coloro che, in seguito, assumeranno il farmaco o usufruiranno della tecnica terapeutica e grande importanza ha il coinvolgimento della pratica medica individuale, per cui l’operatore sanitario diventa parte integrante nella valutazione dell’effectiveness.
A questo punto, però, non si può non far notare la contiguità, il parallelismo, con l’esperienza e la prassi storica della naturopatia e delle medicine complementari . Dunque vogliamo metterci tutti attorno ad un tavolo, senza orpelli e spadoni, e chiarirci le idee? Ne guadagnerebbe certamente la salute e il benessere di tutta la comunità.
Il secondo argomento viene dedotto dall’ampia letteratura dedicata al PLACEBO. Il placebo è un preparato innocuo (acqua distillata oppure glucosata o altro, “acqua fresca” come suole dire il prof. Silvio Garattini) che viene somministrato nei trial ad uno dei due gruppi di confronto.
E’ chiaro che in naturopatia e nelle medicine complementari non può esistere il placebo.
Viene considerato invece “l’effetto placebo” che possiamo indicare, per brevità, come gli effetti che incrementano o riducono o determinano i risultati extrafarmacologici o extraclinici. L’effetto placebo ha una lunghissima storia che parte dai primissimi elenchi interminabili di diverse centinaia di sostanze mediche che, dal Codice di Hammurabi (3500 circa a.C.), hanno attraversato i secoli, di cui solo l’oppio e, forse, la corteccia di salice hanno un’effettiva efficacia .
Oggi sappiamo che l’effetto placebo è legato a tutti i farmaci per una percentuale superiore al 30% e che l’alleanza terapeutica coll’operatore sanitario è fondamentale nella terapia. Dunque, si conclude, la naturopatia e le medicine complementari ottengono risultati, che poi vengono enfatizzati, perché non sono nient’altro che il risultato dell’effetto placebo e si hanno solo su soggetti psicologicamente predisposti.
Indubbiamente l’argomentazione è sottile ed ha una carica significativa, tant’è vero che la biomedicina ha recepito molti aspetti tipici delle medicine complementari (almeno a livello teorico) si pensi alla medicina ortomolecolare, alla medicina funzionale, all’alleanza terapeutica che ha sostituito il paternalismo e la compliance.
Tuttavia anche qui si tratta di un giudizio che rischia di mettere in forse le radici stesse della biomedicina. E’ difficile negare che la fitoterapia oppure che l’idrotermofangoterapia, rette da leggi naturali ben strutturate non siano altro che coordinate psichiche. Inoltre esse hanno una sperimentazione che batte qualsiasi legge dei grandi numeri si possa immaginare in una pratica di EBM. Dunque, anche a questo proposito, riteniamo che sia necessario poterci capire, a vantaggio di tutti.
• Conclusione
Cinque sono i concetti basilari della Naturopatia:
1. Corretta alimentazione
2. Rigenerazione
3. Equilibrio naturale
4. Ricerca delle cause profonde del malessere
5. Lavoro sull’energia vitale
Il consulto naturopatico è un’indagine multidisciplinare profonda sullo stato globale della persona e dei suoi rapporti con l’ambiente.
Vengono utilizzati molteplici metodi naturali, testati da una secolare esperienza, in funzione del recupero o del mantenimento del benessere e della salute dell’essere vivente, posto in relazione con le caratteristiche costituzionali individuali e le influenze ambientali, in equilibrio con le leggi biologiche che ne regolano l’esistenza.
La malattia non è considerata un nemico da cancellare; ma il linguaggio di una propria dimensione esistenziale da comprendere nel suo significato personale. Stimolando le potenzialità autorigenerative, senza interventi distruttivi o invasivi, si ripristina lo stato di equilibrio naturale.
Va pure precisato che la Naturopatia ha dei limiti e, quindi, da sola non è sufficiente a risolvere tutti i problemi che riguardano la salute dell’uomo.
E’ fondamentale, perciò, instaurare un dialogo ed un confronto con qualsiasi disciplina che si prefigga questo scopo, con l’intento di collaborare al radicamento di una nuova sensibilità nei confronti della salute ed anche alla configurazione di una professione in sintonia con quanto sta avvenendo in Europa e nel resto del mondo

Bibliografia
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Russo G., Il medico. Identità e ruoli nella società di oggi, CIC ELLE DICI, Torino 2004
SINGER P., Etica pratica, Liguori Editore, Napoli 2002
ENGELHARDT Jr. H.T., Manuale di bioetica, il Saggiatore, Milano 1999.

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